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Oscar Lo Sapeva

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OSCAR LO SAPEVA


Operai Famigliari Cittadini
Un politico potrà dire
Di aver vinto… quando
La dignità
Di un uomo
Ha raggiunto
La sua giusta dimensione
Potrà dire di aver vinto
Quando un operaio
Dopo tanti “sacrifici”
Potrà dire di essere felice
Io canto per dopo
“I monti”
Vivono troppo in alto
Per poter guardare in basso
Abbagliati
Dal sole e da Dio mammone
Non vedono chi muore
Oscar lo sapeva
Eppure affrontava
La polvere che uccide
Pur di vivere non rubando
Oscar era cosciente
Di quel che aveva
Ha studiato denunciato
Organizzato lotte
Contro il profitto
Dell’amianto che uccide
Pur di sostenere
I principi del lavoro
Non temeva i colori della Croce
“L’ASBETO” bianco verde e blu
Polvere che tanti Martiri
Ha portato nella fossa
Polvere che la tuta di lavoro
Ha portato Oscar al tramonto
Dolori e memorie
Di questa triste storia
Due lacrime velate
Sono quelle che ci rimangono

Carmine Donnola

Di seguito le parole di conforto di Pasquale Doria indirizzate a Carmine Donnola:


Una Storia triste, fatta di speranze tradite, il lavoro vero, finalmente…..che però non riscatta un bel niente se si trasforma in un mostro silenzioso, subdolo, capace di rubarti la vita.
L’ha raccontata con rabbia e dolore Carmine Donnola questa storia.
Non è il solo ad aver pianto con la mano fredda sulla spalla, consolatoria solo se serve a interrompere un’inutile sofferenza, magari quella di un fratello agonizzante.
Dopo, quando hai saputo quel che in tanti nostri paesi viene appena sussurrato, quasi con timidezza, paura e rassegnazione, è difficile fare finta di niente.
I veleni del progresso, dello sviluppo, della crescita – o comunque si voglia chiamare quella cosa che ci spaventa e ci blocca, ma della quale non possiamo fare a meno, tutti – quei veleni, dicevamo, sono in mezzo a noi.
Vivono e lottano con noi.
Dentro di noi.
Per farci fuori ?
Lentamente?
Forse.
Il fatto è che in certi giorni, anche col sole che picchia forte, il cammino sembra buio e il ritmo di ognuno è quello di passi obbligati:
nasci, produci, consuma e muori.
In mezzo a tutta questa vera violenza del quotidiano, ogni tanto – abbastanza raramente, per la verità – incontri gente come Carmine, che non si è arreso, che ti spara una risata in faccia e, senza dire neanche chissà che cosa, ti smonta in un solo attimo, specialmente se mostri di avere troppe granitiche sicurezze, spagnoleschi pennacchi, paure smascherate sotto un pelle sintetica di leone.
Quell’espressione l’avevo già vista.
E’ antichissima.
Era raffigurata su certi vasi dai colonizzatori che arrivavano dal mare e su gusci di noce approdavano pieni di fiducia da queste parti.
Un viavai intenso dall’antica Grecia molte centinaia di anni prima della nascita di Cristo. E poi, ancora tra i libri di storia dell’arte, più recentemente, lo stesso volto è spuntato come sempre irridente.
Un suggerimento sublimale, mi avevano mostrato una foto che ritrae Carmine con un curioso copricapo, come quello dei giullari di antiche corti, un arguto Bertoldo che non ci mollerà.
Non così facilmente. E’ così.
Dopo averlo conosciuto, in realtà, anche senza vederlo da vicino, il suo ghigno beffardo, nemico dei dentisti, ha la forza di riaffiorare spontaneamente.
Una forza della natura, è un virus, un memento che si scatena, presente nella sua assenza materiale, comunque pronto a ridimensionare le inutili impennate d’orgoglio o i deliri d’onnipotenza che spesso annebbiano i nostri neroni.
Un buon balsamo per non perdere completamente di vista se stessi, ma anche gli altri, nel grande labirinto in cui precipitiamo, il più delle volte senza paracadute, per la semplice ragione di esistere.
Grazie Carmine e continua a stare alla larga dai cavadenti.

Pasquale Doria

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